28 Feb
  • By PeopleTakeCare
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Il fumetto nato nella classe dei bulli

Un libro e uno spettacolo sulle minacce e le aggressioni di una banda a Bologna. Un caso che fece clamore. Gli psicoterapeuti, con l’aiuto di un illustratore, raccontano il pentimento dei carnefici. E le loro scuse alle vittime.
di ILARIA VENTURI da “La Repubblica”

BOLOGNA – Alla fine il bullo, 12 anni appena, che era arrivato a minacciare la sua compagna di scuola alla fermata dell’autobus con un coltello, crolla: «Alle elementari ero un ragazzino come tutti, giocavo a calcio e anche molto bene. Mio padre era fiero di me, non si perdeva una partita. Ero in quarta elementare, si è ammalato, è morto». Il silenzio cala nella classe. E ancora, tutto d’un fiato e con rabbia: «Ha lasciato soli me, mio fratello e la mia mamma. Io facevo pena a tutti, stavo male, non volevo essere visto come il povero orfano. Fare il bullo era un modo per farmi rispettare». Sguardo basso sul banco, ma il cappuccio della felpa stavolta è sulle spalle, il volto non è coperto. I disegni di Massimo Pastore portano una storia vera di bullismo, che sette anni fa balzò agli onori della cronaca locale, dentro un fumetto. Lui è un illustratore bolognese, art director della stamperia artigianale “Anonima Impressori”. La narrazione è di Arianna Marfisa Bellini, psicoanalista, allieva di Massimo Recalcati.
Il suo gruppo, Dedalus, è intervenuto nella scuola media della storia ora narrata a strisce. Ed è davanti alla psicoterapeuta in aula che il bullo si è aperto. Lo ha fatto anche la vittima, sollecitata subito dopo, te la senti? Sì: «Sono sempre stata grassa sin dalla prima elementare, in classe mi prendevano in giro, mi chiamavano la balena. Alle medie avevo scelto di cambiare scuola, volevo conoscere gente nuova, essere qualcosa di diverso. Il primo giorno delle medie ero molto agitata, non sapevo cosa dire ai nuovi compagni, come farmeli amici. Poi ho incrociato Simone e Luca che erano con me alle elementari, “ciao balena, anche tu qui?”. Lo so che è assurdo, ma quel modo di chiamarmi mi ha fatto sentire al sicuro, ecco sono la balena, nessuna complicazione, nessuna ansia». A quel punto il bullo che per mesi l’ha apostrofata così, l’ha minacciata e derisa coi suoi amici, la guarda: «Scusami».

Il caso, in una scuola della periferia, fece clamore: la banda dei ragazzini che anche in strada la faceva da padrone, la vittima presa di mira, una sua compagna che stava coi bulli, ma che a sua volta viene bullizzata dalle amiche. Un intreccio da manuale, per gli psicoterapeuti: l’orfano e la balena. «Un caso che abbiamo portato per anni in giro ai convegni, ovviamente senza renderlo riconoscibile – spiega Arianna Marfisa Bellini – il motivo? mette insieme tutte le dinamiche del bullismo, anche il comportamento degli adulti, che rimangono distanti, viaggiano su un pianeta parallelo. Ora abbiamo deciso di restituire questa storia ai ragazzi». Un progetto cofinanziato dall’Unione europea attraverso il programma operativo città metropolitane, con il Comune, ne ha dato l’opportunità: è nato il fumetto «Quando non mi vedi» edito da Bacchilega. Disegni e nuvolette per infrangere il tabù del bullismo, talvolta negato nelle scuole a difesa dell’immagine, eppure ancora dilagante in classe e nel web. Una storia consegnata agli adulti – educatori, istruttori, insegnanti – per parlare ai ragazzi, il racconto della loro fatica di gestire emozioni troppo grandi. Edito per ora in 120 copie, il fumetto è stato distribuito nelle scuole del quartiere Porto-Saragozza e nei centri sportivi, anche la Fortitudo l’ha voluto. Il Fantateatro ne farà uno spettacolo.

«È uno strumento per dare modo a una comunità di adulti di accorgersi dei ragazzi, di vederli – spiega la psicoterapeuta – in questo caso furono bravissime anche le forze dell’ordine: la polizia pur vigilando chiese prima l’intervento della scuola. Altrimenti quel ragazzino sarebbe stato fissato nella sua posizione di delinquente, un destino segnato. Lui il violento, lei la poverina: questo caso si era cristallizzato così, siamo riusciti a dare un’alternativa a entrambi. Il bullismo non è una questione di buona educazione, il bullo non è un maleducato. Mi devo piuttosto interrogare perché si presenta così al mondo, cosa c’è dietro quella sua maschera. La violenza va presa come un sintomo, un messaggio». L’équipe di Dedalus ascolta ogni giorni storie simili. Oltre il 50% dei ragazzi tra gli 11 e 17 anni ha subito episodi di bullismo, e tra chi utilizza il cellulare, il 22% riferisce di essere stato vittima in Rete, ha ricordato la Società italiana di Pediatria preventiva nella Giornata contro il bullismo celebrata il 7 febbraio. Però, mette in guardia la psicoanalista, «la caratteristica del bullismo è quella di essere presente di nascosto, soprattutto dagli adulti. Speriamo che il fumetto faccia venire la voglia di guardare meglio e soprattutto di parlarne, che poi è il primo modo per chiedere aiuto». Ok, chiude la storia con un compagno che s’interroga: «Ma se non siamo più la classe dei bulli per cosa diventeremo famosi?». Le alternative non mancano.

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https://www.repubblica.it/cronaca/2020/02/28/news/bullismo-249756208/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P9-S1.8-T1

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